Cavalli selvaggi di Cormac McCarthy
Immagine di Marilena Pisciella
Non é un titolo che ci porterà solo ad incontrare animali così splendidi, intelligenti, maestosi e alla fin fine simbiotici o arresi all'uomo.
In esso si racchiude anche un'epoca della vita. Quella giovanile, di noi tutti, con tutte le sue istanze di libertà, istinti e passioni.
Il protagonista e i suoi amici di viaggio sono adolescenti del Texas.
Ma chiunque si può identificare potentemente con essi. Di qualsiasi epoca, sesso ed età. Sì perché é un romanzo senza coordinate epocali e temporali.
Un romanzo di formazione in cui si parte ragazzi e si torna uomini.
Facendo una migrazione al contrario: dal Texas oltrepassano la frontiera del Messico.
Lí i protagonisti si spogliano ma vengono anche spogliati di quel poco di civiltà che avevano con sé e incontrano una Natura fatta di vegetazione, animali, cieli, sentieri, montagne e soprattutto uomini che riscriveranno i loro codici.
John Grady Cole sussurrerà a decine di cavalli, suoi veri compagni in fondo, e li domerà, non senza mai essersi alleato prima a loro.
Sussurrerà alla ragazza alla quale donerà il suo cuore.
Ma Cormac McCarthy come spesso succede nel suo stile asciutto, doloroso e materico, ci ricorderà che a vincere sono i cinismi degli adulti e dei vecchi. Quelli che hanno visto morire i loro ideali e, divenuti vecchi o saliti al potere, non tollerano la giovinezza e il suo selvatico. E perturbano i destino di tutti, profanando l'amore.
Fa dolore il ritorno indietro sul confine con un corpo segnato dalle cicatrici di una vita che non fa sconti a nessuno in fatto di durezza.
Il primo della Trilogia della frontiera che non vorresti mai finire. Meno male che ad attenderci ve ne sono altri due.
Di Marilena Pisciella